lunedì 3 ottobre 2016

Gli Strumenti Derivati sul Debito Pubblico Italiano.


Luca Marotta


Nel “Rapporto sul Debito Pubblico 2015” dello Stato Italiano, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato sul sito del Dipartimento del Tesoro, è possibile avere contezza dei dati sul Portafoglio degli Strumenti Derivati sul debito pubblico.

Nel documento è scritto: “Il portafoglio dei derivati riferiti al debito comprende: i cross currency swap (CCS) a copertura delle emissioni denominate in valuta estera; gli interest rate swap (IRS) a copertura delle emissioni di titoli del programma MTN, denominati in massima parte in euro; infine le operazioni in euro finalizzate all’allungamento della duration e dell’average refixing period a copertura del rischio di rialzo dei tassi di interesse dell’intero portafoglio di debito: IRS, che in alcuni casi sono associati alla vendita di receiver swaption, e receiver swaption stand-alone, ossia non collegate a IRS preesistenti. Nel portafoglio sono inclusi gli IRS a copertura delle passività della società Infrastrutture S.p.A. oggetto dell’accollo da parte dello Stato disposto dalla legge finanziaria per il 2007.

Inoltre, è anche scritto che l’ emissione dei titoli del programma MTN (Medium Term Note) “serve per soddisfare la domanda di primari investitori istituzionali, in risposta a richieste specifiche e con un costo di finanziamento inferiore rispetto a quello degli analoghi strumenti domestici, evitando altresì ripercussioni negative sulle normali emissioni in formato pubblico”.
Quindi, da quanto sopra, si capisce che a fronte dei titoli emessi per il programma MTN, sono stati emessi dei derivati.

Nel medesimo documento è riportata una tabella riassuntiva del portafoglio degli strumenti derivati, che è la seguente.



Dalla tabella emerge che, nel 2015, il Valore Nozionale dei derivati, ossia il capitale su cui sono calcolati gli interessi scambiati dalle controparti, incide per l’8,32% sull’ammontare totale dei Titoli del Debito Pubblico.

In altre parole, sull’8,32% dell’ ammontare totale dei Titoli del Debito Pubblico, si è deciso di adottare una politica di protezione da alcuni rischi. Segnatamente, il rischio cambio e il rischio variazione del tasso di interesse, oltre al fatto che vi sono operazioni in euro finalizzate all’allungamento della “duration”.
Infatti, per la Ragioneria delo Stato, “l’Average Refixing Period (ARP) misura il tempo medio in cui vengono rifissate le cedole del debito. Per i titoli zero coupon o i titoli con cedola fissa corrisponde alla vita residua dei titoli. Per i titoli con cedola variabile corrisponde al tempo rimanente alla fissazione della cedola successiva.”

Il “mark to market” del portafoglio di derivati sui titoli del debito pubblico, ossia la valutazione ai prezzi di mercato, è risultato negativo per 36,7 miliardi di euro al 31 dicembre 2015 e per 42,06 miliardi di euro al 31 dicembre 2014. Precisamente, il “mark to market” è la somma dei flussi attualizzati che ciascun contratto derivato genera dal momento della valutazione alla scadenza, nell’ipotesi che si verifichino esattamente le condizioni di mercato del 31 dicembre 2015.

Nella sostanza, si tratterebbe di perdite “potenziali” alle attuali condizioni di mercato.

Nel 2015, il valore del portafoglio dei derivati è rimasto marcatamente negativo, ma in miglioramento rispetto al 2014.

La situazione del 2014, rispetto al 2013, risulta dalla seguente tabella pubblicata nel “Rapporto sul Debito Pubblico 2014”.



Dalla tabella emerge che nel 2014, il segno negativo del valore di mercato del portafoglio dei derivati, rispetto al 2013, era aumentato notevolmente da 28,81 miliardi di Euro a 42,06 miliardi di Euro.

Per quanto riguarda il “mark to market” del totale dei derivati sul Debito, nel “Rapporto sul Debito Pubblico 2015” è scritto che “il valore negativo, nell’attuale fase di mercato, è l’inevitabile e diretta conseguenza della funzione assicurativa svolta da questi strumenti. Il portafoglio dei derivati è infatti usato dal Tesoro per contribuire a mitigare il rischio di tasso d’interesse del debito e concorre, pertanto, ad aumentare la quota dei tassi fissi a lungo termine sul portafoglio di debito complessivo, a livelli coerenti con le condizioni di mercato dei periodi in cui, nel corso degli anni, le operazioni sono state concluse”.
Tuttavia la causa principale del valore negativo risiede nel fatto che il livello estremamente depresso dei tassi d’interesse nel corso del 2015, nonostante la momentanea e modesta risalita osservata tra maggio e dicembre, ha inevitabilmente prodotto anche nel 2015 una valorizzazione negativa del portafoglio derivati”.

Il Costo del debito

Il grafico sottostante, tratto dal “Rapporto sul Debito Pubblico 2015” illustra l’andamento del costo medio del debito, “calcolato come rapporto tra gli interessi di cassa generati dai titoli di Stato nell’anno t sullo stock di titoli di Stato dell’anno t-1”, sia nell’ipotesi in cui si consideri l’impatto dei derivati, sia che non lo si consideri.


Dal grafico emergerebbe che nel 2015, i derivati hanno inciso, come interessi, per lo 0,16%; nel 2014 per lo 0,19% e nel 2013% per lo 0,17%.
Poiché, il costo medio del debito senza derivati è stato pari al 3,39% nel 2015 (3,70% nel 2014), il costo medio del debito complessivamente, comprese le operazioni in derivati, nel 2015 sale al 3,55%.
Praticamente, dal 2006 il costo del debito “post-derivati” supera il costo del debito “pre-derivati”.



L’ISTAT, nella pubblicazione “Notifica dell’indebitamento netto e del debito”, fornisce i dati sugli effetti sul debito generato dai derivati. L’ultima pubblicazione risale al 21 aprile 2016.



Per il 2015 l’effetto negativo è stato di 6,75 miliardi di Euro, di cui 3,19 miliardi da flussi netti per interessi e 3,56 miliardi da passività nette in derivati. In cinque anni dal 2011 al 2015 il costo effettivo che i derivati hanno generato per le finanze pubbliche è stato di 23,7 miliardi.

Conclusioni.

In casi di eventi contrari alle previsioni, che hanno determinato la sottoscrizione degli strumenti derivati, gli stessi strumenti derivati producono un costo che si aggiunge al costo normale del debito pubblico, e come tale necessita di copertura finanziaria.

Al 31.12.2015, il “mark to market” dei titoli derivati del debito pubblico è negativo per 36,65 miliardi di Euro. E’ vero che trattasi di un valore potenziale, perché determinato dalla somma dei flussi attualizzati che ciascun contratto derivato genera dal momento della valutazione alla scadenza, nell’ipotesi che si verifichino esattamente le condizioni di mercato attuali; ma se non cambiano le condizioni di mercato attuali potrebbe realizzarsi e quindi annualmente tale strumento genererebbe dei costi da coprire.

Nessun commento: